- Antonietta Valenza
- Sicilia e Dintorni
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Un luogo suscita interesse quando gli uomini che lo hanno abitato sono riusciti a starci bene. Perché lo hanno amato e reso proprio con l’orgoglio dell’appartenenza. Il luogo consigliato dal “Times” quest’anno come una delle mete privilegiate per le vacanze, è un’isola posta al centro del Mediterraneo, crocevia di popoli che l’hanno conosciuta, che l’hanno abitata, che in essa hanno trovato una terra fertile da cui hanno tratto quanto necessario alla vita: Pantelleria.
Un’isola circondata da un mare dai colori caraibici, ma ahimè questo mare dai suoi abitanti è stato sempre visto come fonte di pericolo; gli hanno dato le spalle e hanno rivolto il loro sguardo alla terra. La terra è un bene essenziale, capace di sogni e di illusioni, di tante fatiche, perché ogni suo fazzoletto, ricavato dal vulcano è stato recintato con muretti di pietra lavica determinando un paesaggio degno di essere osservato.
I gioielli di pietra lavica: i dammusi
Sono circa dodicimila i chilometri di muretti a secco, divenuti patrimonio immateriale dell’Unesco per la peculiarità della pietra lavica, capace di trattenere l’umidità della notte e rilasciarla nelle ore calde del giorno. Un paesaggio antropizzato e incredibilmente suggestivo, perché dona alla vista armonia e varia nel versante del sud-ovest o di Nord-est, dell’interno dell’isola, dovunque puntellato da gioielli di pietra lavica “i dammusi”. Essi esaltano la grande bellezza isolana, si mimetizzano nei terrazzamenti e rappresentato esemplari degni ancora oggi di essere conosciuti ed abitati per le loro peculiarità di eco-sostenibilità ed estrema maestria. Spesso addossati al muro alto di un terrazzamento offrono riparo all’agricoltore che osserva con orgoglio la sua terra ricca di vigneti e cappereti, di ortaggi e di alberi da frutto.
In un luogo privo di pozzi di acqua potabile, si è dovuto pensare a costruire le cisterne per la raccolta di acqua piovana: i dammusi sono stati costruiti con i tetti a cupola, capaci di convogliare l’acqua nelle cisterne, attraverso un sistema di canalizzazione e spesso accanto al dammuso, è stato costruito un giardino che custodisce al suo interno un albero d’agrumi e lo ripara dal vento eccessivo che spesso soffia sull’isola senza sosta. Ogni cosa nel territorio è al suo posto, perché l’abitante isolano ha sempre osservato la natura e ha saputo instaurare con essa un connubio d’intesa e di amore.
Durante le varie eruzioni, il vulcano ha rivestito la terra di rocce dure basaltiche o di rocce più morbide di tipo ignimbrite e allora ogni pietra è stata lavorata con attrezzi speciali, ogni suolo è stato studiato per poter impiantare le coltivazioni che costituiscono l’eccellenza isolana e sono apprezzate nel mondo.
Quando gli arabi si fermarono per tre lunghi secoli nell’isola hanno impiantato nelle conche la vite di uva zibibbo per ripararla dal vento e far si che l’acqua dei mesi invernali potesse dare sostegno alla pianta anche nei mesi di siccità e di estrema calura estiva. Oggi la vite ad alberello, divenuta nel 2014 patrimonio dell’Unesco, rappresenta un bene importante e da sempre l’isola è stata conosciuta per questo e per il cappero che sono stati gli unici prodotti ad assicurare un reddito al suo abitante.
Le risorse dell'isola
Il nome di Pantelleria rappresenta quindi nel mondo un luogo dove il cappero e il celebre passito costituiscono richiamo per quanti amano questi prodotti: sorseggiare un buon passito la sera al tramonto sulle cupole dei dammusi è un’esperienza emozionante che difficilmente può essere dimenticata e quel luogo resta nel cuore di ciascuno, se ancora di più è avvalorato dalle narrazioni di chi è cresciuto in questa terra e conosce la dedizione e la fatica dell’agricoltore.
Quando giunge l’estate, attraversare le piane di Ghirlanda, di Monastero o di Muegghen, rappresenta uno dei momenti più pregnanti della vita sull’isola. Le piane si presentano alla vista nelle prime ore del giorno, velate da una sottile nebbia che avvolge tutto il paesaggio. Si ascolta il vociare dei contadini, chini sulle piante che raccolgono i bottoni florali del cappero o vendemmiano, anche le loro figure sono avvolte nella sottile nebbia. Poi d’ improvviso, il sole fa capolino tra le nuvole e le Piane acquistano un volto nuovo, indicibile quasi perché nella totalità emergono le figure dei contadini intenti a raccogliere i frutti del loro lavoro invernale. Tagliano grappoli succulenti per dare vita al nettare degli dèi, ai vini bianchi e al passito: i grappoli che si intrecciano sui tronchi, vengono staccati con delicatezza dalle grandi mani di chi ha lavorato un intero anno e vengono osservati, quasi baciati dalla fatica che si trasforma nel desiderio di poter tramandare ogni tecnica di potatura e tutti i saperi alle future generazioni. Nel sudore, ma nei loro occhi pieni di gioia, comunicano l’orgoglio di essere cresciuti in quella terra che li ha nutriti e come madre continua a farlo.
Gli acini dell’uva che di tanto in tanto portano alla bocca per avere ristoro della fatica e dal caldo di una giornata estiva, sono dolci e sanno di gioia e di grandi soddisfazioni. La vendemmia rappresenta un rito nelle abitudini di vita dell’abitante pantesco e coinvolge tutta la famiglia e l’intera comunità. L’odore del mosto si spande in ogni sentiero che attraversa il territorio e riporta alla mente chi ha attraversato quei sentieri con il suo asino carico di uva pregiata e di tutti quei prodotti che rappresentano la sua gioia e la sua fatica. Un lavoro incessante e continuo nella terra di Pantelleria, dove ognuno gioca la sua parte. Chi per scelta o per caso ha avuto la fortuna di attraversare il territorio dell’isola durante una giornata di vendemmia, porterà nei suoi occhi gli sguardi consapevoli e bonari di chi ringrazia la propria terra per avergli insegnato la fatica, ma anche la soddisfazione di appartenere ad un luogo singolare, dove sono le sue radici.
Nel divenire Parco Nazionale Isola di Pantelleria, è stato coniato il motto “Dove anche l’umanità è patrimonio”. Niente di più appropriato poteva essere detto. Ogni istante del giorno e del trascorrere delle stagioni, evidenziano sempre più la coerenza di un’interpretazione e premiamo i sacrifici di generazioni.
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