- Marilisa Dones
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Ne sono uscite di tutti i colori, magagne di ogni tipo, lamentele di tutti i generi, disagi di ogni sorta.
Insomma, questa Expo sembra non esser nata sotto buoni auspici. Per niente. Ma oramai ci siamo, manca davvero poco.
Quello che più mi preoccupa è che vedo coi miei occhi avanzare i lavori alla bell'e meglio, senza rispettare i crismi della messa in opera. Ma passiamo oltre.
Ora si aggiunge un'altra spaventosa spada di Damocle sulla vicenda Expo Milano 2015: il dopo Expo.
Eh sì, perché cosa ne sarà di questa area gigantesca che è costata milioni e milioni allo Stato Italiano e non solo? Infrastrutture, strutture e quant'altro. Che fine faranno?
Sul sito ufficiale c'è una pagina che parla di ecosostenibilità e fa ben pensare. Ma le ultime notizie apparse sui vari quotidiani, lasciano presagire ben altro...
Deserto alla gara per la vendita di Arexpo
Ma le notizie che giungono non presagiscono nulla di buono. La settimana scorsa i soci della società Arexpo - Regione Lombardia, Comuni di Milano e Rho, Provincia e Fondazione Fiera di Milano - si sono riuniti per definire un piano B relativo al bando per la vendita dell'area a nord ovest di Milano dove si terrà appunto Expo Milano 2015. La gara di appalto infatti si è chiusa 15 novembre ma non si è presentato nessun investitore, nonostante il bando contenesse dei criteri positivi e condivisibili che garantiscono funzioni di pubblica utilità. Non è incredibile?
Ora Arexpo ha una bella gatta da pelare e deve capire come gestire l'eredità di Expo 2015. Cosa non da poco.
I due soci di maggioranza rimbalzano la palla alla politica. Nel frattempo un team di tecnici è al lavoro per studiare le prossime opzioni, anche perché le banche che hanno finanziato il progetto (68 milioni di euro) attendono garanzie e potrebbero anche impugnare il contratto e reciderlo. Anche se il presidente di Arexpo rassicura che non sono stati presi alla sprovvista e stanno già mettendo a punto nuovi accordi con le banche che hanno tutto l'interesse affinché l'area venga venduta a terzi.
Insomma, un bel papocchio. Un grande danno economico, soprattutto e come se non bastasse, aggiungerei.
Una delle opzioni che più sono tenute in considerazione come piano B pare sia quella della lottizzazione dell'area in 8-10 pezzi da alienare separatamente. Ciò cosa comporterebbe? Senza dubbio una naturale svalutazione dell'intera Arexpo, che è grande ben 1,1 milioni di metri quadrati.
La mission di Arexpo secondo l'accordo sarebbe quella di alienare le superfici su cui è previsto uno sviluppo massimo di volumi per 489mila mq (in linea con i limiti di edificabilità imposti dal Pgt) e un parco multi-tematico che coprirà il 54% dei terreni; previsti anche 30mila metri quadri di housing sociale e un divieto a sviluppare edifici retail di grandi dimensioni (ma solo di media dimensione, cioè massimo 2.500 mq) e cambiare i termini degli accordi significherebbe fare delle modifiche non da poco che andrebbero vagliate dai comuni interessati. E non è facile piazzare un area con dei vincoli al cemento e anche questa volta questa operazione (azzardata?) rischia di pesare sulle casse pubbliche.
Ma la cosa che più spavaenta è la svalutazione rispetto al prezzo iniziale proposto che era stato fissato a 315,4 milioni di euro.
Cosa è successo negli altri paesi nel dopo Expo?
Anche nel dopo Expo delle altre città la riorganizzazione degli spazi non è stata facile. L'area Expo Siviglia 1992 venne convertita in parte in un parco tecnologico chiamato Cartuja 93 e in un parco tematico chiamato Isla Mágica e in parte in una zona ad uso amministrativo e universitario. Tuttavia grandi zone dell'area espositiva sono oggi lasciate al degrado come il Parco del Guadalquivir o il Giardino delle Americhe. Inoltre alcune strutture create durante la manifestazione, come la monorotaia e la teleferica, sono rimaste inutilizzate.
Sembra che stia andando un po' meglio in Corea del Sud, a Yeosu che ha ospitato Expo 2012: a fine manifestazione è stato presentato un piano approfondito di utilizzo delle strutture e di rivitalizzazione della città di Yeosu, che prevede il proseguimento delle attività di ricerca marina e delle organizzazioni presenti alla Expo. Rimarrà inoltre attivo l'acquario che era stato costruito per l'occasione.
E in Italia? Cosa accadrà?
Quello che temo è che quando la Expo sarà finita, ci ritroveremo ad avere a che fare con l'ennesima area inutilizzata. E il mio timore si fa più fondato in quanto esistono già grandi spazi come Fiera Milano e Malpensa Fiere che faticano ad essere utilizzate in maniera integrata nel territorio e oggi sono in cerca di una nuova destinazione in quanto attualmente sottoutilizzate. Senza contare che avere delle strutture espositive così grandi e non utilizzate implica dei costi di manutenzione non indifferenti.
E se non ci saranno i soldi per mantenerli, cosa avremo? Dopo i vari rimbalzi tra le istituzioni, l'ennesimo esempio di archeologia industriale?
Una parte sarà trasformata molto probabilmente in un parco tematico, ma tutto il resto? Che fine farà?
A me queste cose fanno venire su una tristezza, perché ci si riempie la bocca di bei paroloni, ma poi alla resa i conti i fatti dimostrano ben altro.
E se l'Expo porterà un giro di boa all'economia del Paese (sarà vero?), il dopoExpo non appiattirà i guadagni ricavati?
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