- Alessandra Litrico
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Nelle ultime ore si sta parlando del decreto-legge che sta facendo tremare l’edilizia italiana per via dello stop alla cessione del credito e allo sconto in fattura legati ai bonus fiscali, mantenendo, di fatto, solo la possibilità di ottenere la restituzione dei soldi spesi per gli interventi edilizi sotto forma di detrazione d’imposta.
Il Governo, infatti, con DL 11/2023, già pubblicato in Gazzetta, a partire dal 17 febbraio 2023 ha deciso di interrompere questi strumenti per i nuovi interventi e farà fede la presentazione della pratica edilizia.
La disamina della situazione deve intanto focalizzarsi sulla lettura dei numeri. In sostanza, questa previsione non si applica soltanto ai lavori in corso. Il dato abbastanza allarmante per tutti gli addetti ai lavori, è che il decreto non va a colpire solo il Superbonus 110, ma anche affonda i bonus “minori”: il Bonus 50% ristrutturazioni, l’Ecobonus 65, il Sisma bonus e tutti gli altri.
Il Ministro Giancarlo Giorgetti ha affermato che, secondo Eurostat, i crediti fiscali hanno un impatto sul debito pubblico, ecco la ragione della repentina decisione che fa tabula rasa su tutti i bonus. Quanto ci sia di vero nelle sue parole, va giudicato analizzando i dati reali.
Censis: il Superbonus ha generato ricchezza
Secondo Censis, i 55 miliardi di euro di investimenti certificati dall’Enea tra agosto 2020 e ottobre 2022, hanno creato un indotto economico pari ad almeno 115 miliardi di euro.
Inoltre, il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ha registrato, tra gennaio e settembre 2022, un incremento del gettito dell’11% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ed è verosimile pensare che proprio il comparto edile abbia considerevolmente contribuito a questa dinamica espansiva delle entrate tributarie.
Quando Giancarlo Giorgetti parla di debito, dovrebbe ricordare quindi che il gettito fiscale ripaga circa il 70% della spesa a carico dello Stato per le opere di efficientamento sugli edifici. Il rimanente 30% è bilanciato da un valore sociale, economico e ambientale inestimabile.
Parliamo inoltre di quasi di 1 milione di posti di lavoro generati e dell’aumento del valore medio degli immobili grazie al miglioramento della classe energetica, con un risparmio che ammonta a 2 miliardi di metri cubi di gas, tra Superbonus ed Ecobonus ordinari.
Il Superbonus, insomma, ha generato ricchezza, lavoro, risparmio energetico e maggiore rispetto per l’ambiente. Si parla tanto di presunti costi dello Stato ma, di fatto, dunque, alterando decisamente la realtà. La visuale d’insieme è ciò che in questa situazione può portare il dibattito su un livello differente, tenendo conto non solo dei numeri ma delle prospettive e dei tanti soggetti coinvolti, oltre al fatto che l’Italia, con il provvedimento in questione, fa un passo indietro rispetto alle previsioni dell’UE che, con la sua recente direttiva EPBD e quella sull’efficienza energetica, richiede un allineamento nazionale in termini di prestazione energetica nell’edilizia.
Sarebbe il caso di preoccuparsi degli effetti sulle casse statali del fallimento di 125 mila imprese e del licenziamento di decine di migliaia di lavoratori. I provvedimenti andrebbero presi in relazione alle politiche di welfare, tutela concreta dei lavoratori e salvaguardia delle famiglie con basso reddito, ossia quelle davvero colpite dalla misura del Governo.
Il Governo Meloni brancola nel buio?
Lecito domandarsi quali obiettivi voglia raggiungere il Governo, con l’adozione di questa misura.
Il legislatore ha forse deciso di affossare un settore perché non crede in questo strumento? Il problema è che adesso dovrà inventarsi dell’altro. Già, ma che cosa?
Con l’adozione di questa misura è stato costruito un bel muro in cemento armato che impedisce di proseguire i lavori, infatti, la paura dei professionisti del mondo dell’edilizia è proprio che il decreto approvato dal Consiglio dei Ministri possa comportare il blocco dei cantieri. Più che una paura, una tremenda nube all’orizzonte.
Il Governo Meloni, resosi conto del tilt in tutta la filiera edilizia, in queste ore starebbe lavorando per correggerlo. Probabilmente, sarebbe stato opportuno temporeggiare qualche giorno, prima di adottare un provvedimento così drastico. La sensazione, in generale, è che si prendano delle decisioni e poi, sentita l’aria che tira, si faccia un passo indietro per non perdere consensi. In queste ultime ore, si paventa l’opportunità di consentire la cessione del credito per i redditi bassi (e già sarebbe un correttivo doveroso) e c’è stato un cambio di rotta per quanto riguarda la scelta degli F24 per sbloccare l’impasse dei crediti incagliati, oltre all'ipotesi di consentire la cessione per i lavori di ricostruzione legati al post sisma e gli incapienti.
A parte ciò, in un momento in cui la preoccupazione delle imprese (e del sistema economico in genere) è quella di svuotare i cassetti fiscali pieni per recuperare liquidità, si decide di bloccare proprio la cessione del credito, l’unico strumento per fare partire nuovi cantieri che avrebbero potuto contare su partner industriali (spesso le stesse società dei committenti) pronti ad acquistare il credito fiscale una volta maturato. Quello che si deve necessariamente recuperare è il rapporto Stato-contribuente, ricordando al Governo che le imprese non sono solo quelle che hanno abusato del Superbonus, ma anche e soprattutto quelle che ogni mese versano l’IVA e pagano i propri dipendenti.
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