Dal 1° aprile 2023, non lavoriamo più con un solo codice appalti ma con due codici: ciò può comportare alcune problematiche e richiede di fare delle doverose riflessioni e analisi. Ad occuparsene, è Antonio Cirafisi, autore della Guida operativa per la realizzazione degli interventi del PNRR e PNC ed. 2022 e della Guida operativa per l'applicazione del nuovo Codice e allegati nei contratti di appalti pubblici (in pubblicazione). Buona lettura.

Dal 1° aprile 2023 non abbiamo più un solo codice appalti, ma ben due. È la conseguenza del regime transitorio previsto dal 1° aprile 2023 al 31 dicembre 2026, (più di 3 anni!) che si è appena venuta a determinare e che sarà definitiva dall'entrata in vigore delle disposizioni previste nella parte III del Nuovo Codice Appalti, il cui testo con gli allegati, la relazione illustrativa e quella tecnica sono stati approvati dalla Ragioneria generale dello Stato. Quest'ultima ha apposto la bollinatura nella Relazione tecnica a corredo dello schema del codice. L'adozione della nuova disposizione costituisce un importante traguardo per il raggiungimento degli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e l'adeguamento alle indicazioni pervenute dalla Comunità europea in materia di contratti pubblici.

Lo shock normativo causato dalla presenza di due codici appalti 

Il 5 gennaio 2023, il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha inviato ai Presidenti di Camera e Senato lo schema di decreto legislativo per ottenere il relativo parere, segnalando l’urgenza in riferimento a quanto previsto dal comma 4 dell’articolo 1, della legge 21 giugno 2022, n. 78 recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”. Con la pubblicazione nella G.U. sono iniziati a decorrere i sei mesi previsti per l'adozione da parte del Governo del nuovo Codice.

Nell’ultimo periodo del citato comma 4, è espressamente detto che “Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega previsti dal presente articolo o successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi”. Per non mettere in crisi le opere già avviate e contemporaneamente evitare procedure di infrazione con la UE, occorrerà concludere l'iter di approvazione e pubblicazione del nuovo codice appalti nei termini detti, non escludendo nel frattempo e ove possibile di introdurre correttivi per rispondere a critiche provenienti da autorevoli istituzioni e soggetti. Così procedendo da una forzatura all'altra, il Governo sembra intenzionato a rispettare i tempi fissati dalla legge delega. Intanto, sullo Schema del nuovo Codice sono state sollevate più critiche che consensi - per la verità dalla stampa sono state rilevate solo critiche provenienti da soggetti operanti nel settore e anche da autorevoli istituzioni - nonostante ciò, ad oggi, non è stata presa in considerazione nemmeno la proposta di differire al 2024 il termine per l'entrata in vigore delle norme, rispettando in ogni caso la data del 1° aprile 2023. In ogni caso, ciò non attenuerebbe gli effetti dello "shock normativo" che si determina.

Scadenze previste per l’entrata in vigore del Nuovo Codice Appalti 

Ciò detto, vediamo un po’ cosa prevede la parte III dello schema del Codice (Disposizioni transitorie, di coordinamento e abrogazioni) in relazione all'entrata in vigore delle nuove disposizioni. In primo luogo, dall'articolo 229, comma 1, si rilevano le seguenti scadenze: 

  • Pubblicazione: 9 febbraio 2023
  • Entrata in vigore (articolo 229, comma 1, Codice): 1° aprile 2023
  • Efficacia del Codice e relativi allegati (articolo 229, comma 2, Codice): 1° luglio 2023

Il comma 2 del citato articolo 229, aggiunge che "le disposizioni del codice, con i relativi allegati, eventualmente già sostituiti o modificati ai sensi delle relative disposizioni, acquistano efficacia il 1° luglio 2023". Un intervallo temporale quindi di 90 giorni. Si avranno quindi circa 140 giorni per "metabolizzare" le 319 pagine del Codice e allegati e le 121 pagine della "Relazione al codice e allegati". L'articolo 226, comma 1, del nuovo Codice, prevede che il d.lgs. n. 50/2016, (vecchio codice) sia abrogato dal 1° luglio 2023 e quindi il transitorio sembrerebbe limitato, come detto, a circa 140 giorni, ma non è proprio così. 

Il doppio regime nel transitorio 

Il successivo comma 2, articolo 226, dello Schema del Codice, precisa che dal 1° luglio 2023, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 50/2016 (vecchio codice) continuano ad applicarsi esclusivamente ai procedimenti in corso. Ma quali sono i procedimenti in corso? La norma richiamata chiarisce che per "procedure in corso" si intendono quelle relative alle fattispecie di seguito elencate: 

a) Le procedure e i contratti per i quali: i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano stati pubblicati prima della data in cui il codice acquista efficacia; 

b) in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi: le procedure e i contratti in relazione ai quali, alla data in cui il codice acquista efficacia, siano stati già inviati gli avvisi a presentare le offerte; 

c) per le opere di urbanizzazione a scomputo del contributo di costruzione, oggetto di convenzioni urbanistiche o atti assimilati comunque denominati, i procedimenti in cui le predette convenzioni o atti siano stati stipulati prima della data in cui il codice acquista efficacia; 

d) per le procedure - di accordo bonario ( articolo 210) - di transazione (articolo 212) - di arbitrato (articolo 213) le procedure relative a controversie aventi a oggetto contratti pubblici, per i quali i bandi o gli avvisi siano stati pubblicati prima della data in cui il codice acquista efficacia, ovvero, in caso di mancanza di pubblicazione di bandi o avvisi, gli avvisi a presentare le offerte siano stati inviati prima della suddetta data. 

Collegio tecnico consultivo: anticipate le disposizioni

A proposito della lettera d) c'è un però: l'articolo 224, comma 1, dello schema del Codice, prevede che le disposizioni di cui agli articoli da 215 a 219 in materia di Collegio consultivo tecnico si applicano anche ai collegi già costituiti ed operanti alla data di entrata in vigore del Codice, ossia 1° aprile 2023. Quindi per tutte le problematiche attinenti alle controversie, la loro risoluzione può essere anticipata ricorrendo al Collegio consultivo tecnico, risparmiando tempo e dunque denaro. In buona sostanza in caso di liti sorte prima del 1° aprile 2023, si dovrà fare in ogni caso ricorso al Collegio consultivo tecnico, così come disciplinato dall'articolo 215 e relativo allegato V.2, del nuovo Codice. 

Il RUP nel vecchio e nel nuovo codice: cambia la figura, non solo il nome 

Infine si porta all'attenzione il comma 7, articolo 225 del Codice, il quale, in relazione alle procedure di affidamento e ai contratti riguardanti investimenti pubblici, anche suddivisi in lotti, finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR e dal PNC, prevede l'applicazione anche dopo il 1° luglio 2023, delle disposizioni di cui al D.lg. n. 77/2021 (Governance del PNRR e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure). E quindi? Ne succederanno delle belle: ad esempio ai sensi del vecchio codice, con l'acronimo RUP per le opere già avviate si intenderà il "Responsabile del procedimento" mentre il RUP ai sensi del nuovo codice è il "Responsabile del progetto". Ma ciò non costituisce un mero cambio di denominazione (come vuole fare intendere un noto partito italiano) in quanto viene superata la precedente impostazione derivata dall'articolo 5, legge n. 241/1990, che vedeva la realizzazione dell'opera pubblica come un procedimento curato dall'inizio alla fine sempre da un solo soggetto. Nel caso dei contratti disciplinati dal nuovo codice, si accoglie il principio che vede nel complesso della realizzazione di un contratto pubblico di lavoro, procedimenti diversi, ciascuno dei quali destinato a sfociare nell’adozione di un provvedimento o atto autonomo. Pertanto, se il Responsabile del progetto lo richiederà, si potranno nominare "Responsabili del procedimento" per determinate fasi. Quindi in una amministrazione si potrebbe avere un soggetto che: 

a) Opererà nella qualità di Responsabile del progetto applicando il nuovo codice e allegati; 

b) Opererà nella qualità di Responsabile del procedimento applicando il vecchio codice d.lgs.  50/2016, con tutte le disposizioni a corredo, compreso le linee guida ANAC.

Infine, se il Responsabile del progetto lo vuole, potrà fare nominare ad esempio il Responsabile del procedimento per la fase di affidamento. Tutto ciò fino alla conclusione dei PNRR prevista a fine 2026. Poiché il nuovo Codice ha abrogato varie disposizioni richiamate dal vecchio, nel caso a) queste disposizioni non sono più applicabili, mentre nel caso b) resteranno in vigore. Insomma, una nuova tipologia definibile "abrogazione condizionata". Non vi sembra che il poverino come minimo subirà il c.d. shock normativo? Però, se resiste ed è sufficientemente resiliente lo invito a leggere il comma 9, articolo 222, del nuovo Codice in materia di sanzioni previste per il RUP... ma di questo ne parleremo un'altra volta.

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