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di Romolo Di Francesco
Le paratie sono strutture geotecniche di sostegno dei fronti di scavo basate sull’equilibrio dettato dalla combinazione delle sollecitazioni “attive” con le resistenze “passive”.
Le paratie, come ho spiegato nell’Introduzione al metodo degli elementi finiti e nel Manuale avanzato di Meccanica delle Terre, possono essere realizzate in maniera continua (es: diaframma) o discontinua (es: fila di pali ad interasse i), così come possono essere a mensola oppure tirantate o ancora multitirantate.
Nel caso dell’adozione dei tiranti il modello di analisi prevede la presenza di una parte interrata che unitamente all’ancoraggio (simulabile mediante un appoggio) contrasta la spinta attiva esercitata dal terreno retrostante l’opera di sostengno.
Utilizzando le formulazioni ricavate nel Manuale avanzato di Meccanica delle Terre si vede facilmente che in assenza della fase fluida, la forza di ancoraggio, esercitata da un tirante orizzontale, può essere determinata con la seguente formulazione:
dovendo dipendere dal diametro nominale di perforazione (D), dalla lunghezza del tratto di ancoraggio (L), da un coefficiente che tiene conto della pressione d’iniezione (α), dalla profondità del tirante (z), dal peso di volume del terreno (γ), dal coefficiente di spinta a riposo delle terre (K0) e dall’angolo di resistenza al taglio (φ’).
Si noti che la seconda parte della formula rappresenta le sollecitazioni tangenziali t che agiscono lungo il tirante di figura 2, in quanto rispettano il concetto di “mattone su superficie scabra” che è posto alla base dello sviluppo dei legami costitutivi per materiali a comportamento puramente attritivo.
A titolo di esempio, posti:
D = 0.10 metri
L = 10 metri
α = 1.5
φ’ = 30°
z = 1 metro
γ = 20 kN/m3
si ottiene:
T = 54.4 kN
Ovviamente, incrementando la profondità del tirante orizzontale di figura 2 a z = 3 metri si ottiene T = 163.2 kN.
Evidentemente, la soluzione di incrementare la profondità del tirante per aumentare la forza di ancoraggio, oppure di adottare una struttura multitirantata, non è sempre perseguibile per motivi tecnico-logistici, mentre è in genere adottata la soluzione del tirante inclinato.
In quest’ultimo caso la formula per il calcolo della forza di ancoraggio deve essere modificata sulla scorta degli elementi esposti nell’Introduzione alla Meccanica del Continuo, dovendo ora dipendere anche dall’angolo d’inclinazione del tirante (θ), dalla profondità minima nel punto d’ancoraggio (z1) e dalla profondità massima (z2) alla base dello stesso (figura 3):
Si noti, in prima battuta, che la nuova equazione dipende dal fattore “cos2q”, il quale a sua volta raggiunge il valore massimo per θ = 0°, il valore minimo per q = 90°, mentre si annulla per θ = 45°.
Si noti, inoltre, che la terza equazione si riduce alla prima per θ = 0°, ossia si riduce al caso del tirante orizzontale.
In definitiva, pur considerando il particolare andamento della funzione “cos 2θ ”, occorre evidenziare che il calcolo dipende anche dai valori di z1 e z2 (in particolare da quest’ultimo che aumenta sempre con l’aumentare di θ) tanto che dagli schemi di figura 3 si giunge al grafico di figura 4 dal quale si evince che il massimo valore della forza di ancoraggio si ottiene per θ = 50°.
Giova a tal proposito ricordare quanto dimostrato nell’Introduzione alla Meccanica del Continuo, ossia che in presenza dei soli sforzi principali (nell’ipotesi che la scabrezza della paratia non influisca sul comportamento del tirante e che la superficie retrostante l’opera sia orizzontale) le sollecitazione tangenziali raggiungono il loro valore massimo lungo direzioni inclinate a 45°.
Evidentemente, l’analisi non può essere considerata completa in quanto occorre dover tenere conto dell’andamento delle componenti orizzontali (Tx) e verticali (Ty) della forza di ancoraggio di figura 4 per giungere al grafico di figura 5.
In quest’ultimo caso si vede che la componente orizzontale, dalla quale dipende il comportamento della paratia (si ricorda che la componente verticale agisce da stabilizzatore per presso-flessione), raggiunge il suo valore massimo per θ = 30°-35° tanto da mostrare un’apparente connessione con l’angolo di resistenza al taglio utilizzato nel calcolo (φ' = 30°).
La verifica di tale ultimo aspetto è infine affidata alla figura 6, dalla quale si evince l’assenza di connessioni logiche con l’angolo di resistenza al taglio mentre si vede che l’ottimizzazione dell’efficienza dei tiranti si raggiunge per inclinazioni comprese nel range già individuato con la figura 5, ovvero nel range θ = 30°-35°.
In conclusione, e nell’ottica di una semplificazione esecutiva in cantiere, si ritiene che nel range degli usuali valori assunti dall’angolo di resistenza al taglio delle rocce e delle terre (φ’ = 20°-40°) la massima efficienza dei tiranti è ottenibile per un’inclinazione di 30°.
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