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- Floriana Giambarresi
- Informazione Tecnica
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Se come me pensi che la vita dei consulenti tecnici (e non solo) sia dura, specialmente nel bel Paese e soprattutto quando si tratta di compensi, allora quello che stai per leggere in questo post potrebbe lasciarti letteralmente di stucco. Navigando infatti sul sito Ingegneri.info mi è saltata all'occhio una notizia che ho voluto riportare anche sul Magazine di DF e per la quale ho richiesto anche il parere dell'Ing. Antonio Ardolino, e riguarda l'ambito delle esecuzioni immobiliari: sono cambiati i termini per il pagamento della parcella del CTU, e non in meglio. Anzi.
Nello specifico, la Legge di conversione n°132, 6 agosto 2015, del Decreto Legge n°83, 27 giugno 2015 titolato “Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria", prevede che «il compenso dell’esperto o dello stimatore nominato dal giudice o dall’ufficiale giudiziario è calcolato sulla base del prezzo ricavato dalla vendita. Prima della vendita non possono essere liquidati acconti in misura superiore al cinquanta per cento del compenso calcolato sulla base del valore di stima». In altre parole il professionista tecnico impiegato nelle consulenze per esecuzioni immobiliari potrà richiedere un acconto massimo del 50% del compenso, calcolato in base al prezzo ricavato dalla vendita dell'immobile. L'altro 50% gli sarà dovuto solo ed esclusivamente nel momento in cui l'immobile sarà venduto, non prima. Insomma la modifica comporta non solo di un taglio alle parcelle del CTU ma anche un aumento dei tempi di attesa per la riscossione del saldo… mi aspetto un gran malcontento tra i consulenti tecnici, comunque ho chiesto al nostro caro autore e amico Antonio Ardolino di darci un'opinione su quanto introdotto dalla nuova legge. Ecco cosa mi ha detto (grazie!):
Non sono completamente avverso ad una correzione delle parcelle di CTU per le esecuzioni immobiliari, ma non sono d'accordo con quanto stabilito con la nuova legge (tra l'altro spero che la correzione di parcella riguardi non solo i tecnici ma anche gli avvocati). In particolar modo non vedo perché il CTU debba ricevere l'altro 50% di sua spettanza al termine dell'eventuale vendita del bene. Quando il lavoro è terminato il tecnico DEVE essere pagato. Anche perché i tempi di attesa diverrebbero insostenibili viste le lungaggini della giustizia italiana. Ma è da rivedere anche l'assurdo calcolo della parcella in base al prezzo di vendita, dato che alle aste immobiliari quasi sempre un bene si vende a prezzo molto più basso del suo effettivo valore.
In verità ho sempre ritenuto ingiusto il calcolo della parcella a seconda del valore dei beni stimati. Secondo me si dovrebbe, invece, prendere in considerazione il loro formato, ovvero la loro mole, estensione, grandezza. Innanzitutto perché qualche tecnico potrebbe essere tentato di aumentarne il valore per ottenere un maggiore guadagno, ma soprattutto perché la parcella dovrebbe essere esclusivamente commisurata alla difficoltà di quanto svolto. Si prendano, ad esempio, due beni identici di cui uno in ottime condizioni mentre l'altro in stato di abbandono e magari pericolante. Il lavoro o lo sforzo da fare per il tecnico non cambia per la valutazione dell'uno o dell'altro: effettuare il rilievo geometrico dello stabile; fare indagini di mercato; apportare le eventuali aggiunte e detrazioni, ecc. Nel primo caso, però, si ottiene un valore elevato, mentre il fabbricato danneggiato avrà un valore molto più basso dell'altro per cui lo stimatore, a parità di impegno, avrà un compenso di molto inferiore rispetto a quanto si potrebbe ottenere dall'altro fabbricato.
In definitiva, secondo me, il tecnico deve essere sicuramente pagato per intero al termine del proprio incarico da chi glielo ha commissionato. Semmai si dovrebbero modificare le regole di calcolo della parcella in modo da renderle più eque alle difficoltà di quanto svolto piuttosto che al valore totale dei beni, fermo restando un minimo adeguato.
Nello specifico, la Legge di conversione n°132, 6 agosto 2015, del Decreto Legge n°83, 27 giugno 2015 titolato “Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria", prevede che «il compenso dell’esperto o dello stimatore nominato dal giudice o dall’ufficiale giudiziario è calcolato sulla base del prezzo ricavato dalla vendita. Prima della vendita non possono essere liquidati acconti in misura superiore al cinquanta per cento del compenso calcolato sulla base del valore di stima». In altre parole il professionista tecnico impiegato nelle consulenze per esecuzioni immobiliari potrà richiedere un acconto massimo del 50% del compenso, calcolato in base al prezzo ricavato dalla vendita dell'immobile. L'altro 50% gli sarà dovuto solo ed esclusivamente nel momento in cui l'immobile sarà venduto, non prima. Insomma la modifica comporta non solo di un taglio alle parcelle del CTU ma anche un aumento dei tempi di attesa per la riscossione del saldo… mi aspetto un gran malcontento tra i consulenti tecnici, comunque ho chiesto al nostro caro autore e amico Antonio Ardolino di darci un'opinione su quanto introdotto dalla nuova legge. Ecco cosa mi ha detto (grazie!):
Non sono completamente avverso ad una correzione delle parcelle di CTU per le esecuzioni immobiliari, ma non sono d'accordo con quanto stabilito con la nuova legge (tra l'altro spero che la correzione di parcella riguardi non solo i tecnici ma anche gli avvocati). In particolar modo non vedo perché il CTU debba ricevere l'altro 50% di sua spettanza al termine dell'eventuale vendita del bene. Quando il lavoro è terminato il tecnico DEVE essere pagato. Anche perché i tempi di attesa diverrebbero insostenibili viste le lungaggini della giustizia italiana. Ma è da rivedere anche l'assurdo calcolo della parcella in base al prezzo di vendita, dato che alle aste immobiliari quasi sempre un bene si vende a prezzo molto più basso del suo effettivo valore.
In verità ho sempre ritenuto ingiusto il calcolo della parcella a seconda del valore dei beni stimati. Secondo me si dovrebbe, invece, prendere in considerazione il loro formato, ovvero la loro mole, estensione, grandezza. Innanzitutto perché qualche tecnico potrebbe essere tentato di aumentarne il valore per ottenere un maggiore guadagno, ma soprattutto perché la parcella dovrebbe essere esclusivamente commisurata alla difficoltà di quanto svolto. Si prendano, ad esempio, due beni identici di cui uno in ottime condizioni mentre l'altro in stato di abbandono e magari pericolante. Il lavoro o lo sforzo da fare per il tecnico non cambia per la valutazione dell'uno o dell'altro: effettuare il rilievo geometrico dello stabile; fare indagini di mercato; apportare le eventuali aggiunte e detrazioni, ecc. Nel primo caso, però, si ottiene un valore elevato, mentre il fabbricato danneggiato avrà un valore molto più basso dell'altro per cui lo stimatore, a parità di impegno, avrà un compenso di molto inferiore rispetto a quanto si potrebbe ottenere dall'altro fabbricato.
In definitiva, secondo me, il tecnico deve essere sicuramente pagato per intero al termine del proprio incarico da chi glielo ha commissionato. Semmai si dovrebbero modificare le regole di calcolo della parcella in modo da renderle più eque alle difficoltà di quanto svolto piuttosto che al valore totale dei beni, fermo restando un minimo adeguato.
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