- Cristiano Vassanelli
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Oggi la percezione della qualità acustica all’interno di un ambiente di vita o di lavoro sta diventando il nuovo terreno di sfida nel mercato delle costruzioni. A parlarcene, è Cristiano Vassanelli, ingegnere specializzato in acustica in edilizia. Buona lettura.
Nuove esigenze della clientela, anche a fronte delle limitazioni occorse durante la pandemia, un’ ampia disponibilità di soluzioni sul mercato ed una rinnovata attenzione alla dimensione legata alla vivibilità degli ambienti domestici e lavorativi, hanno messo in risalto la necessità di riportare il comfort acustico al centro dell’attenzione dei protagonisti della filiera edile e lo stanno rendendo un elemento discriminante di differenziazione sul panorama immobiliare nazionale.
Se fino al decennio scorso “bastava” fornire alla clientela un ricco capitolato dotato di finiture di pregio, per rapirne l’attenzione ed orientare la vendita, ad oggi si registra una nuova attenzione rivolta alla qualità della vita all’interno degli ambienti domestici e lavorativi, a cui è giusto dare la giusta rilevanza e su cui è importante fare qualche riflessione ed approfondimento al fine di non ritrovarsi impreparati nel perseguire questo nuova tendenza.
Cos'è il comfort acustico
Il termine “comfort” deriva dal francese antico “confort” potrebbe essere tradotto in “quello che dà forza, che dà soccorso”, l’etimo è lo stesso dell’italiano confortare. Il termine comfort o confort (si possono usare entrambe) sta quindi a significare tutto quello che si può fare per stare più comodi ed a proprio agio in una determinata condizione o stato.
In realtà la percezione ed il significato della parola comfort stanno leggermente virando verso quello che intendiamo più come benessere, definito come uno “stato armonico di salute, di forze fisiche e spirituali”, ampliando e travalicando il concetto di comodità, avvicinandosi fino a comprendere anche risvolti legati più alla salute che alla sola comodità.
Tralasciando le valutazioni linguistiche, più consone ad “accademici della Crusca” e concentrandoci sulle varie declinazioni che portano alla percezione del benessere indoor, risulta importante effettuare una prima valutazione e definizione su quali siano le caratteristiche e le percezioni che possano determinare una condizione di benessere acustico all’interno di un ambiente.
Come si determina il benessere acustico
Innanzitutto va chiarito che il concetto di benessere non è univoco e da tutti condiviso, la percezione di una determinata condizione è fortemente legata a parametri soggettivi dell’essere umano, legati alle abitudini, alle caratteristiche metaboliche ed alla sensibilità nei confronti di una specifica sensazione; ci sono infatti persone più o meno sensibili ad esempio alla percezione della temperatura, “freddolosi e calorosi”, altre con evidenti sensibilità ai rumori ed altri ancora dotati di una capacità di percezione degli odori più limitata rispetto alla media ed infine, persone con patologie pregresse che ne determinano una soglia di sopportazione ancora più bassa, come ad esempio gli acufenici (colpiti da un disturbo uditivo costituito da rumori come fischi, ronzii, fruscii e pulsazioni, che l'orecchio percepisce come fastidiosi a tal punto da influire sulla qualità della vita del soggetto che ne è affetto), che vengono infastiditi da rumori difficilmente percepibili dalla media, o gli asmatici, che potrebbero trovare invivibile un ambiente affetto da presenza di muffe da condensa o infiltrazioni.
In questo breve articolo si concentrerà l’attenzione solo sulle problematiche che interessano il benessere acustico interno ai nostri ambienti di vita e di lavoro, ambienti dove passiamo la maggioranza del nostro tempo e dove spesso viviamo condizioni fastidiose o addirittura disturbanti, che possono influire negativamente sul nostro umore e sulle nostre capacità di apprendimento e concentrazione, come accade ad esempio per gli ambienti scolastici. Analizzando velocemente la fisiologia umana dell’apparato uditivo è possibile rendersi conto che la nostra modalità percettiva di un qualunque suono o rumore dipende fortemente dalla frequenza su cui tali emissioni sonore vengono veicolate.
Grazie agli esperimenti condotti dallo scienziato americano Alexander Graham Bell ed alla determinazione delle curve isofoniche di percezione uditiva è possibile rendersi conto che a parità di ampiezza di un segnale 2 sonoro, il nostro apparato uditivo è in grado di sopportare più agevolmente e senza ripercussioni, un suono o rumore veicolato a base frequenze rispetto ad un suono o rumore percepito ad elevate frequenze.
Nel diagramma riportato, ipotizzando di essere esposti ad un segnale sonoro di ampiezza pari a 120 dB a bassa frequenza, diciamo a 50 Hz, è possibile vedere che incrociando i dati di frequenza ed ampiezza, si raggiunge un punto leggermente al di sotto della linea tratteggiata azzurra, corrispondente al limite del rischio.
Se invece il medesimo segnale sonoro venisse ascoltato ad alte frequenze, ad esempio alla frequenza di 10.000 Hz, il risultato sarebbe molto peggiore ed il punto di incontro dei dati sul grafico sarebbe oltre la linea tratteggiata rossa, corrispondente alla soglia del dolore.
Un’altra importante discriminate utile ed importante a determinare i livelli di esposizione ai suoni o rumori è il tempo stesso di esposizione; se ad esempio siamo esposti ad un livello piuttosto alto ma per tempi molto ristretti, diciamo qualche secondo, solitamente il nostro apparato uditivo è in grado di sopportare tale stress acustico senza particolari conseguenze.
Se diversamente rimaniamo esposti per lunghi periodi, come ad esempio accade negli ambienti di lavoro o tenendo per lunghi periodi le auricolari con musica ad alto volume, anche un segnale non particolarmente elevato potrebbe con l’andare del tempo, comportare la progressiva degenerazione cellulare dell’Organo dei Corti contenuto all’interno della Coclea e creare patologie preoccupanti per il nostro apparato uditivo, come la diminuzione della funzionalità uditiva fino a ripercuotersi in patologia extra uditive.
La perdita delle cellule uditive è irreversibile e può essere derivante da fattori fisici e tossici e anche da un fisiologico processo di invecchiamento. L’insorgenza dell’ipoacusia non è però sempre rapida, infatti questo evento viene sempre preceduto dalla cosiddetta “fatica uditiva”, ovvero dal fenomeno per il quale dopo stimolazione sonora di intensità elevata, per ottenere la stessa sensazione uditiva, è necessaria una stimolazione più forte.
Le malattie causate dai rumori
Possiamo distinguere per semplicità quattro fasi della malattia derivante alla esposizione prolungata a fonti di rumore:
1) comprende le prime settimane dell’esposizione a rumore, si accompagna a sensazione di orecchio pieno con possibile cefalea, senso di fatica e intontimento;
2) la durata può essere molto variabile da pochi mesi a molti anni secondo i livelli di esposizione e della suscettibilità individuale. Sono presenti degli acufeni, solo l’audiometria può rilevare segni obiettivi;
3) il soggetto avverte difficoltà nell’udire particolari rumori o nel comprendere le parole di una conversazione che si svolge in ambiente non silenzioso;
4) la menomazione uditiva è palese e sono notevolmente compromessi gli scambi verbali. L’ulteriore decadimento della funzione uditiva comincia a interferire con le capacità di percepire il normale linguaggio parlato quando interessa le frequenze più gravi.
Lo spostamento della soglia audiometrica misurata è in genere bilaterale e simmetrico con prevalenza per l’orecchio sinistro, irreversibile e non evolutivo dopo la cessazione dell’esposizione a rumore. 3
La diminuzione della capacità uditiva non è semplicemente quantitativa ma presenta un’importante componente qualitativa.
Infatti la perdita selettiva di alcune frequenze compromette notevolmente la capacità di comprendere i messaggi verbali che sono rappresentati da una combinazione di suoni di varie frequenze.
Quando le condizioni di stress acustico non raggiungano livelli di pressione sonora tali da interessare direttamente l’organo dell’udito, ad esempio in casi in cui il sommarsi delle fonti interne di rumore con possibili fonti esterne (traffico stradale, ferroviari, aereo, ecc.) è possibile incorrere in situazioni di disagio o addirittura patologie che possono portare a un vero e proprio stress auditivo.
Oltre quindi al rischio auditivo, situazioni di eccessivo rumore generano un'azione negativa extrauditiva anche sulle capacità di concentrazione e su una serie di apparati fisiologici tra i quali:
• Apparato cardiocircolatorio (ipertensione, ischemia miocardica).
• Apparato digerente (ipercloridria gastrica, azione spastica sulla muscolatura liscia).
• Apparato endocrino (aumento della quota di ormoni di tipo corticosteroideo).
• Apparato neuropsichico (quadri neuropsichici a sfondo ansioso con somatizzazioni, insonnia).
• Affaticamento, diminuzione della vigilanza e della risposta psicomotoria.
Per quanto sopra esposto, risulta importante limitare già in sede di progettazione urbanistica, degli edifici e degli spazi interni adibiti a permanenza di persone, l’esposizione umana al rumore e su questo punto la Commissione Europea ed i Governi dei vari paesi, stanno concentrando le forze ponendo una rinnovata attenzione al problema.
Dai dati che compaiono nel Libro verde della Commissione Europea (1996), emerge che circa il 20% della popolazione dell’Unione (80 milioni di persone) è esposto a livelli di rumore diurni superiori a 65 dBA e che altri 170 milioni di persone risiedono in aree con livelli compresi fra 55 e 65 dBA. Secondo quanto riportato nella Proposta di Direttiva Europea sul rumore ambientale (2000), il risultato di questa diffusione dell’inquinamento acustico è che una percentuale di popolazione dell’UE pari almeno al 25% sperimenta un peggioramento della qualità della vita a causa dell’annoyance, e una percentuale compresa fra il 5 ed il 15% soffre di seri disturbi del sonno, dovuti al rumore.
Le principali fonti di rumore
La principale sorgente di rumore risulta essere il traffico stradale, che interessa i 9/10 della popolazione esposta a livelli superiori a 65 dBA. Benché negli ultimi quindici anni i livelli di emissione sonora dei veicoli siano sicuramente diminuiti, non si sono avuti sviluppi significativi nell’esposizione a rumore: in particolare sembra essere aumentata l’esposizione a livelli compresi fra 55 e 65 dBA, apparentemente come risultato del rapido incremento dei volumi di traffico stradale. Dai dati raccolti emerge la tendenza del rumore ad estendersi sia nel tempo (periodo notturno), sia nello spazio (aree rurali e suburbane); ad aumentare le preoccupazioni per gli anni futuri riguardo all’inquinamento acustico vi sono ulteriori elementi, quali il previsto aumento dei veicoli e del relativo chilometraggio, l’aumento del traffico aereo e lo sviluppo dei treni ad alta velocità.
Su scala internazionale, l’OCSE e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sono fra i principali organismi che hanno raccolto dati e svolto studi sugli effetti dell’esposizione a rumore nell’ambiente esterno. La Comunità Europea è in particolare impegnata nella redazione della prima direttiva europea sul rumore ambientale, in riferimento alla quale va sottolineata l’importanza di metodi comuni che i vari Stati Membri dovranno utilizzare per la raccolta di dati riguardo alla popolazione esposta alle varie fasce di livello sonoro ed ai conseguenti effetti di disturbo manifestati.
Come scoprire di più sulla progettazione acustica
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