- Alessandra Litrico
- Attualità e innovazione
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Che ruolo hai nella tua azienda?
Oggi esploriamo i problemi che possono insorgere a livello aziendale e, conseguentemente, ci addentriamo nell'arte del problem solving.
Quando prendi decisioni in relazione al tuo settore di competenza, sei autonomo o ci sono più soggetti, anche estranei al ramo, che incidono sul tuo lavoro?
Gran parte delle difficoltà e delle problematiche aziendali o in un contesto di lavoro, a volte, dipendono dal dare medesimo peso a opinioni diverse.
Mi spiego meglio: ciascuno esprime il suo parere, ma se siamo chiamati a far quadrare i conti certamente diamo più rilevanza all'opinione di un contabile, non di un creativo.
E questi due pareri non hanno lo stesso peso, non in relazione a quella problematica.
Se ho bisogno di interventi informatici, non mi rivolgo al commerciale. Penso sia chiaro dove voglio arrivare.
Quante volte la confusione generata dalle molteplici opinioni porta a situazioni stagnanti?
Pensiamo alla tipica riunione: dieci, quindici o venti persone coinvolte in punti che solitamente solo in una piccola misura riguardano davvero tutti. Fare il bene dell'azienda è coinvolgere tutti o coinvolgere chi va coinvolto?
Quando c'è un problema, come lo si risolve? Ma soprattutto, chi?
I problemi sono normali, all'ordine del giorno, ma a volte potrebbero portare a stalli operativi o comunque a una certa confusione. In casi dubbi, conviene ricordarsi (e ricordare) qual è la propria mansione e cercare di mettere ordine nel caos. Non ne va soltanto dell'equilibrio professionale tra colleghi, ma del benessere aziendale (e di quello personale).
Problem solving: le sue fasi
Il problem solving comporta la necessità di focalizzarsi su 4 fasi:
- analisi del problema
- possibili argini, alternative
- focalizzare la soluzione
- agire, implementare la soluzione
Mai temere di svolgere il proprio lavoro. Se sono chiamato a occuparmi di specifiche mansioni e improvvisamente per "n" motivi c'è una situazione di stallo, conviene mantenere un clima disteso e collaborativo, facendo sentire la propria competenza in materia. Lo stallo non è contemplabile, è una fase, che va superata. E molto spesso, se senti di avere gli strumenti, dovrai farlo tu.
Per Henri-Louis Bergson, come opportunamente sottolinea Gianluca Abbruzzese nel suo libro "La mente che innova", esistono due approcci di fronte a un problema: o si analizzano i singoli aspetti che determinano il problema nella sua totalità, oppure si guarda avendo una visione d'insieme, osservando la problematica interamente e cercando di conoscerla fino in fondo.
Questa forma di conoscenza si chiama intuizione ed è, per il filosofo, la conoscenza valida, perché "in grado di cogliere la realtà nella sua interezza".
In un progetto di innovazione, è assolutamente necessario avvalersi di un pensiero convergente (logico-deduttivo) e anche di un pensiero divergente o laterale, svincolato da schemi rigidi e in grado di produrre alternative.
Ancora una volta, il tema della competenza torna in auge. Quando voglio approfondire un campo a me ignoto al fine di generare una qualche innovazione, bisogna trovare le persone esperte e competenti nel settore e chiedere loro quante più informazioni possibili. E cosi via. La creatività, a questo punto, si arricchisce con idee e schemi di un altro dominio.
Esplorare altri confini, significa ammettere -com'è ovvio che sia- di non poter essere detentori del sapere e, al tempo stesso, di fronte a problemi e ostacoli, vuol dire anche comprendere quando altri non possono incidere significativamente. In sostanza, significa intraprendere un cammino di consapevolezza, assumersi responsabilità, che forse è la parte più bella di un lavoro.
E tu, come reagisci di fronte a situazioni stagnanti o ai problemi che possono emergere in azienda? Entri in crisi o attivi la modalità problem solver?
Per scoprire il metodo che ti permetterà di risolvere le problematiche aziendali, ti invitiamo al webinar del 28 giugno insieme ad Antonio Camerlengo sul pensiero computazionale. Non mancare e...buona innovazione!
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